sabato 16 giugno 2007

QUINTO GIORNO

(anche il rock finisce, si spengono le luci, si scende dal palco...)





La sveglia suona e non sono passate che due ore e mezza da quando l'avevamo impostata.

Il nostro viaggio, all'insegna degli occhi arrossati e dell'accelleratore sempre spinto al massimo, è tutto riassunto nei nostri sguardi confusi, mentre aspettiamo con le valigie in mano che Tato esca dalla sua camera.



E' puntuale, stranamente. Nel vederlo uscire sbadigliando - martire improvvisato per colpa di due italiani qualunque - mi rendo conto di avergli giocato un brutto tiro. Ma ormai quel che è fatto è fatto, c'è bisogno di un ragazzo che si immoli e quel ragazzo è lui, il nostro Tato, che ci accompagna alla stazione degli autobus di Granada puntualmente alle 9. Proprio quando il nostro pullman dovrebbe partire.





(Grazie mille Tato, dico davvero, però penso che...ecco, forse troppa puntualità fa male. Per il futuro cerchiamo magari di muoverci con un po' di anticipo, un minimo...cioè, è un'idea...giusto per evitare poi scene come quella, con io che vado a parlare col conducente per evitare che parta senza di noi e bubu che chissà come riesce a comprare due biglietti in extremis per Madrid...insomma è andato tutto bene, ma un po' abbiamo rischiato e forse sarebbe meglio evitare...un consiglio, per il futuro...)







Il viaggio è lungo. Cinque ore più una mezz'ora di pausa per sgranchirci le gambe e fare colazione. Credo sia almeno la decima volta che faccio quella tratta in pullman. E quindi sarà almeno la decima volta che vedo quel pulman fermarsi - sempre - allo stesso bar.



Quasi mi viene da salutarli tutti come vecchi amici, il conducente del pullman e il tizio al bancone e la donna alla cassa, sono tutti lì, come sempre, immobili sentinelle delle anime dei viandanti.



Se ne avessi davvero la capacità, scriverei un libro su quel posto e probabilmente non finirei mai, cercando di raccontare come sia possibile che esista davvero un posto del genere, un'eterna locanda Almayer che anzichè dare sul mare si affaccia su una strada qualunque, deserta, attraversata solamente da questi pullman carichi di gente di ogni tipo. E quello che portano davvero questi pullman non sono persone ma speranze e attese. Sogni, perfino.

Un bar che è una finestra sul mondo in transito.



Ed oggi ci siamo anche noi a popolare quei pullman lì, io, bubu e questa strana smania di vita che ci ha portato laggiù, nel pieno deserto tra Granada e Madrid con una storia che potrebbe sembrare folle se solo ci mettessimo a raccontarla a quella gente.



Ma non è un viaggio di ritorno il nostro - questo bisogna dirlo - perchè la vera verità è che i nostri viaggi - tutti i nostri viaggi - sono di sola andata, sempre.

Non esiste ritorno quando viaggi verso la vita.

Può sembrare difficile da capire, e senza dubbio è impossibile da spiegare, ma quello che stiamo davvero facendo non è tornare a Madrid, o tornare a Roma. Noi stiamo andando.

Lì dov'è la nostra vita, lì dove ci attende la nostra storia, sempre avanti, senza voltarci.



No, non esiste nessun ritorno.



Nessun viaggio di ritorno.





















Alle 14.30 siamo a Madrid.



Come al solito, il tempo stringe. Il nostro aereo parte alle 16.10 e questo vuol dire che il check-in chiuderà alle 15.30.

Non c'è tempo per sgarrare.



Un pullman ci porta di volata al terminal 4 dell'aeroporto, entriamo correndo e alziamo lo sguardo ai monitor. Il cervello vola all'impazzata mentre vediamo la nostra paura materializzarsi, assieme ad un'immagine, ed è quella di noi due, sperduti, mentre giriamo senza un'euro per le strade di Madrid.









Il nostro volo non è segnalato.











Il nostro aereo non parte dal terminal 4.









Ci guardiamo attorno, chiediamo al primo passante che troviamo





- mi scusi, i voli ryanair? da dove partono? da che terminal?





- ehh...non so...terminal 1 mi sembra...





- e come ci si va?





- lì ci sono le navette...sono gratuite...ci vorrà una decina di minuti...







Voliamo.



La nostra salvezza dipende da un passante sconosciuto e da un suo "mi sembra", ed è un pensiero che dà i brividi.



Alle 15.20 siamo di fronte ai monitor del terminal 1. Sfogliamo con lo sguardo rapidamente.



I voli Ryanair ci sono, bene.









...16.00....16.05....16.15....





....







...16.05...16.15...16.15...16.20...





...cazzo...





...16.00....16.05....16.15....









Il volo delle 16.10 per Roma non c'è.







Cazzocazzocazzocazzocazzocazzocazzocazzo







Guardo bubu, e credo riesca a leggere bene la mia paura.









Corriamo! Andiamo al T2, forza!









No aspetta...guarda qui!









Con il dito indica un volo ryanair, delle 16.40.



Per Roma.









Quei froci si sono sbagliati a scrivere. Sportello 160...andiamo!









Ovviamente, correndo.









Raggiungiamo il bancone con qualche minuto di anticipo rispetto la chiusura. Non c'è nessuno in fila e l'hostess avrà riso dentro di sè vedendo arrivare i soliti italiani all'ultimo minuto, con i loro bagagli, in una corsa rocambolesca contro il tempo. Ma non ha importanza, prendiamo i nostri biglietti fieri di aver concluso alla grande l'ennesima avventura e di aver superato da campioni l'ultimo imprevisto.









E' la giusta scena per la chiusura del film.







Bubu e fra, sudati e finalmente rilassati, all'aeroporto di Madrid.









La grande avventura è finita.











Ma non possiamo lasciare ad una terra straniera un onore simile. Se tutto deve finire, è giusto che lo faccia qui, dove tutto è iniziato.







E per questo, c'è tempo per un'altra scena, l'ultima.






Quella davvero conclusiva.

























































E l'ultima scena, è una foto.



























































The end.

giovedì 7 giugno 2007

CUARTO DIA


( que ya es nuesto ultimo dìa granaino y lo pasamos jugando, como niños, como siempre)





Sono nemmeno le 10.00.

Alcol e stanchezza si fanno sentire, ma non durano che un istante. Il tempo di cambiarci, di indossare un paio di magliette qualsiasi, provare al volo gli scarpini e poi via di corsa, fuori di casa, el partido ci aspetta.



Difficile spiegare di cosa si tratti, effettivamente. Il calcio visto così è qualcosa di strano, ha un sapore perduto, come una vecchia favola della quale ricordi a mala pena il finale. 



Il campo di gioco, alla ciudad de los niños, non sono che due porte piazzate su una distesa di terra ed erbaccia. Ed i giocatori, ben lungi dall'essere professionisti, sono circa 25. Sul momento si improvvisano 3 squadre e si parte, senza una logica, senza un perchè, giusto una minima divisione dei ruoli e poi di corsa, tutti ad inseguire quel pallone come indemoniati.



E' un gioco strano, non è il calcio cui siamo abituati noi. E non è neppure calcio ma qualcosa di meno, di più piccolo, che forse un nome non ce l'ha nemmeno. Ma è proprio nella sua apparente semplicità che ritrovo qualcosa che avevo perso tanti anni fa, quando tiravo i miei primi calci ad un pallone a villa torlonia, ed è quella pura irrazionalità e quel piacere insensato di correre a perdifiato dietro un pallone, semplicemente questo, come fosse l'unica cosa importante al mondo.



Questo è il gioco che si gioca qui, è tutto qui, e a guardarli da fuori non stupisce che non abbiano mai vinto un mondiale.



E non stupisce nemmeno che si divertano così tanto, giocando.


Guardo bubu e lo vedo sorridere come un bambino, e penso che in effetti è questo che siamo, noi con i nostri scarpini arrangiati e le nostre magliette sporche di sudore e divertimento, eterni bambini felici.








*Favoloso. Rincorrere un pallone, senza un senso, senza un filo ma solo perchè è bello.

Il gusto del gol muove tutti, l'anarchia in campo, l'importante è divertirsi.

Il calcio vero è senza dubbio questo, onorato di farne parte.

Una continua, infinita emozione, il pallone ti freme, ci fa sognare un divertimento eterno.










Ecco, nessuno troverà mai parole migliori di queste. Da inutile discepolo posso solo fare copia incolla.

















Tornati a casa, più giovani di almeno 10 anni, ci attendono doccia e un'abbondante paella, di quelle buone, di quelle che fa Sisa ogni volta che mi ospitano perchè sa quanto mi piace.





C'è il tempo per una siesta e per farsi due chiacchiere in assoluto relax prima dei saluti. Anche se è diventata routine, resta sempre un momento particolare, salutare delle persone care sapendo che di lì a poco migliaia di chilometri vi separeranno. Non è facile, ma si deve fare e lo facciamo al meglio delle nostre possibilità, tra valanghe di ringraziamenti e di tanto restiamo in contatto e di ci vediamo presto, dai, tanto agosto è vicino. 





Lasciamo calle averroes che sono le sette passate e veniamo scarrozzati in macchina a Loja, paesino ad una ventina di minuti da Granada. E' il sabato di pentecoste ed abbiamo deciso con bubu di fare lì la celebrazione, con quella che considero tuttora la mia comunità granadina. Forse questa scelta non farà piacere alla nostra comunità d'origine, ma l'occasione era più unica che rara ed andava colta.



E la veglia, nonostante i numeri non siano dei migliori, non delude le aspettative. E' presente solo metà comunità, una trentina di persone in tutto, e mancano dei grandi elementi (su tutti l'indimenticabile Alfonso) ma i giovani ci sono tutti, e bastano loro a tener viva l'atmosfera, durante e soprattutto dopo la celebrazione, con un'ora di autentico cabaret granadino assolutamente memorabile.



Dopo aver costretto il sottoscritto a ballare in maniera pietosa una sevillana ed un balletto dei backstreet boys - no, non sto scherzando - giunge il momento della buonanotte.

La sveglia, per loro che non hanno un pullman e un aereo da prendere, è fissata alle 8 e mezza, e da persone responsabili vanno a letto ad un ora decente.



Noi no, responsabili non lo siamo di certo, e se siamo arrivati fino a questo punto un ultimo sforzo, un'ultima dose di vita ce la possiamo iniettare nelle vene e così, assieme al Carlos e a Tato e a Juan e a Dani e a Herman, attacchiamo la playstation 2 al televisore.







Iss Pro 6, che qui è un'istituzione, quasi più che in Italia.







Il mondiale lo iniziamo alle 2.





Andata e ritorno, 3 squadre da due giocatori l'una più una squadra con il solo Herman.





Alle 5, dopo 3 ore agguerritissime, la sfida volge al termine e l'italia esce devastata, umiliata con un ultimo posto probabilmente meritato. Bubu era alle sue prime partite ed io decisamente non ero in giornata. Ne approfitta Tato, a mondiale finito, per propormi una delle nostre eterne sfide, stavolta a botta secca, e ovviamente stravince, passeggiando con la sua Spagna sopra i miei azzurri.



E' così contento che quasi non pensa al fatto che, due ore e mezza dopo, dovrà svegliarsi per portare questi insopportabili italiani alla stazione degli autobus di Granada e poi tornare di nuovo lì, a Loja, ed affrontare una nuova giornata, attingendo chissà dove le forze.



Spento il televisore, scattate le ultime foto, con gli sguardi stravolti di chi ha esagerato per l'ennesima volta, abbracciamo ad uno ad uno tutti quanti.





Nos vemos en agosto, chesco. A la boda del Dani.





Poco ma sicuro, ragazzi.



Grazie di tutto.









Buonanotte Juan, Dani, Carlos, Herman.









A tra poco, Tato.













Grazie, Bubu.

sabato 2 giugno 2007

TERCER DIA


(que si fueramos en el Señor de los anillos se llamarìa Muchos encuentros)





Finalmente si dorme, su un letto, per tutto il tempo che ci pare. Forse un po' troppo, visto che il primo giorno granadino di bubu inizia verso l'una, quando decidiamo di andare da auchan per comprare dei beni di prima necessità (deodorante e jamon de pato).


 


La nostra breve mattinata si conclude con un abbondante pranzo spagnolo in compagnia di Don Mariano, il quale inizia giustamente a chiedersi cosa diavolo ci faccia a Granada una volta al mese.


Ad ogni modo è contento di vedermi e di conoscere Bubu, del quale conosceva già praticamente tutta la discendenza. Neanche ci sorprende troppo, a dire il vero.


 


Nel pomeriggio bubu si concede una siesta, giusto per far capire di non temere in alcun modo le tradizioni straniere, mentre yo me voy a tomar un cafè con leche en compañìa de una muy buena gente. No han sido las 3 horas a las cuales estaba acustumbrado, pero està bien asì...me lo pasè genial, como siempre.


Por cierto, aquì va mi quinta despedida, y ahora ya està. Las proximas seràn en agosto!







L'appuntamento con Bubu, Juan e Lorena è alle 6 e finalmente c'è modo di mostrare a Bubu parte delle bellezze granadine. In particolare decidiamo di giriare per l'Albayzin - tutta in salita, perchè figurati se ci fermiamo mai - fino ad arrivare al mirador de San Nicola, dove riposiamo un po' tra hippies e una "vision pivilegiada de la alhambra".



Verso le otto e mezza, finalmente, abbandoniamo il mirador e bubu fa il suo ingresso nel luogo che più di qualunque altro ha rappresentato i miei mesi spagnoli.


 


Il leggendario pub Finnegan's, con il suo altrettanto leggendario proprietario Simon



(il "leggendario" è d'obbligo soprattutto perchè non lo si è visto praticamente per tutta la serata, e forse è stata una mossa sconsiderata lasciare l'intero pub in balia di quella massa di ubriaconi)


 





Siamo i primi ad entrare nel locale, ma di lì a poco la gente della comitiva inizia ad arrivare.



E, anche se non ci sono tutti, ovviamente, è bello incontrare Sara, la ragazza di Dani, che quest'estate si sposerà e le ho promesso che avrei ballato la sevillana con lei al suo matrimonio,


e Alberto e Carlos, che sono gemelli e dopo un anno e mezzo che li conosco ancora non ho imparato a distinguerli se non per le rispettive ragazze,





e Laura, che è la ragazza di Alberto ed è l'unica che abbia provato - senza riuscirci, ovvio - a farmi imparare qualcosa di spagnolo che non fossero parolacce,





e Davinia che è la sorella di Lorena oltre ad essere la ragazza di Carlos, perchè lì in mezzo gli intrecci tra famiglie riescono proprio bene,





e Maria, chiamata appositamente da Moises per concedermi un secondo saluto così da farci passare l'ennesima serata davvero magnifica





e il grandissimo Manolo che non manca mai ed è amico di tutti, e non perchè sia una persona falsa o chissà cosa, ma solo una gran persona, nel senso più profondo del termine, dico davvero,






ed il cugino di Sara che tutti quanti chiamano "primo" e anch'io chiamo così ma la gente non sa che lo faccio perchè non ho mai saputo il suo nome e nonostante questo l'ho invitato più e più volte a venire a Roma, visto che sarebbe il suo sogno,





e il mitico Bonaventura, che è forse l'unico spagnolo che abbia incontrato ad essere un vero signore, elegante dentro 






e tutti quelli che non ricordo ma che sono passati a fare un saluto, oltre ovviamente ai soliti Juan e Lorena e Dani e Javi e Moises, tutti lì, in quel pub minuscolo che ormai è casa loro - casa nostra - a bere litri e litri di birra, e ridere e scherzare e dimenticare per un po' tutto il mondo che ci siamo chiusi dietro quella porta di legno, perchè ogni tanto fa bene fermarsi e staccare la spina del tutto.






 



Ovviamente gli italiani non possono non diventare l'attrattiva della serata, così Juan e gli altri provano a stupire bubu offrendogli un qualche super alcolico misterioso che lui butta giù a stomaco vuoto come fosse acqua fresca. Ci vuole ben altro per intaccare un fegato resistente a bicchieri su bicchieri di Centerbe.


 


Juan e Dani rimangono allibiti.








L'orgoglio italiano è intatto.











Il corpo di bubu un po' meno.









A vederlo barcollare lungo la gran via, mentre torniamo a piedi con Moises in un giro notturno di tre quarti d'ora che ha dell'epico, verrebbe da pensare che sia brillo per l'alcol. Ma io lo conosco, e so che quella "bomba alcolica" non ha davvero sortito alcun effetto su di lui, e se ora evita a fatica i pali e i semafori e grida frasi sconnesse in uno spagnolo improvvisato è solamente un suo modo di ringraziare, me, moises, la spagna, ma soprattutto la vita, perchè ogni cosa è meravigliosa in questo momento, e non si può certo fare finta di niente e tornare a casa in silenzio.











Bisogna gridarla, la felicità.
















Con tutto il fiato che si ha in gola, finchè c'è ancora forza.
























Alle 2 siamo tutti sotto le coperte.







Ancora una volta chiudiamo gli occhi che è notte fonda.

Ancora una volta chiudiamo gli occhi che siamo esausti.

















Ancora una volta chiudiamo gli occhi che siamo felici.







grati.