giovedì 13 marzo 2014

Facciamo così, voglio fare una prova. Spengo i fari.

Il nero totale dura un secondo, forse un secondo e mezzo. La macchina sta viaggiando a 60 km orari, in una strada sperduta di montagna. Sono le 9 di una sera di primavera, senza luna. Non si vede assolutamente nulla. Il buio è terribile, palpabile. Riaccendo immediatamente i fari.

Sì, è davvero inquietante.

Da quant'è che stiamo guidando in mezzo a queste montagne? Sarà il buio, la stanchezza, sembrano passate diverse ore, tutto diremmo tranne che siamo solo in provincia di Rieti.
Che poi, che la provincia di Rieti fosse tanto estesa, io manco lo sapevo. Così, per dire.

L'appuntamento è a Leonessa, verso l'ora di cena. Arriviamo alle 21.30, ci fermiamo all'inizio della strada principale. E' deserta ed illuminata da pochi lampioni. Fa freddo per essere maggio.

Chiamo al telefono e non ottengo risposta. Riprovo due, tre volte, alla fine Serena risponde.

Aho, ma dove siete? Sbrigateve che sennò qua se magnano tutto.
Ciao Serena, siamo a Leonessa, dove dobbiamo andare? Ci vediamo qui?
Ah bravi bravi, siete arrivati praticamente...allora io non sto proprio a Leonessa...
Come non stai a Leonessa?
No, ma è vicino, è facile, allora tornate indietro, prendete la seconda strada a destra poi continuate, passate sotto a un ponte, superate Volciano, poi....

Mentre continua a parlare fisso mio cugino, poi mia sorella, già impanicata.

Ma dove siamo finiti, Francé?

Daje, non ve potete sbajà...e sbrigateve così riuscite a magnà qualcosa!


Torniamo in macchina e lasciamo alle nostre spalle quei pochi lampioni che per lo meno ci permettevano di guardarci negli occhi.

Ma è sicura sta cosa, Francé? Non è che stiamo a fà una pazzia? 
Ripetimi ancora: come l'hai trovato il numero?

Le curve di montagna proseguono per un paio di chilometri, sempre nel buio totale, fino a che notiamo in lontananza un puntino luminoso. Deve essere lì, in mezzo al nulla, non c'è nient'altro qui intorno. La mia 206 sempre più scassata si inerpica a fatica sulla strada sterrata. Accanto a noi qualche nitrire di cavalli, e basta.
Parcheggiamo accanto ad un furgoncino bianco, sporco di fango.

Non è molto difficile da descrivere lo spettacolo che si apre davanti a noi. Un casolare di campagna, una specie di villetta diroccata. La classica scena da film horror, dove uno squilibrato mentale attende degli ignari quanto stupidi viandanti che senza alcuna logica apparente si fidano di lui e lo seguono in un tunnel degli orrori. Un po' come "non aprite quella porta".
Ci sono anche dei cani - chissà quanti - che abbaiano fuori dalla nostra macchina, come se avessimo bisogno di un ulteriore monito.

Fra, torniamo indietro, c'ho paura...ma dove siamo finiti?

La porta in lontananza si apre e una donna inizia a sbracciarsi.

Ehiiiiii! Ce l'avete fatta!! Dai che vi abbiamo lasciato qualcosa!

Dai Manu, andiamo, ci presentiamo e poi al limite scappiamo

Ohé ma che c'avete paura dei cani??

No no, tranquilla...arriviamo...

Nel buio mentre ci avviciniamo si intravedono i suoi occhi azzurri, luminosissimi. I lineamenti del volto non sembrano quelli di un'assassina, tutt'altro. C'è una dolcezza che non traspariva certo dalla sua voce roca, sfiatata.
E' il resto del corpo a fare paura, le spalle possenti, le braccia, la sua mano nodosa che stritola la mia.

Piacere Francesco, sono Serena
Ciao Serena, molto piacere, allora lei è Emanuela, mia sorella, e lui Massimiliano, mio cugino
Venite, entrate ragazzi, vi aspettavamo, mancavate solo voi

Ci guida nel corridoio di casa, seguita da un cane spelacchiato. Ci sono foto appese al muro, abita davvero lì. Giacconi sporchi appesi ai muri, vestiti buttati alla rinfusa, qualche giocattolo. Si sente chiacchierare, voci di uomini, da osteria. In fondo al corridoio, sulla sinistra, si apre una stanza con una grande tavola apparecchiata, attorno alla quale siedono una dozzina di persone. Quasi tutti uomini, quasi tutti oltre i 50 anni. Appena entriamo ci guardano come fossimo alieni. Fissano Emanuela, in particolare, ridacchiano tra loro, ci offrono da bere.

Come hai detto che ti chiami tu? Emanuela giusto? E allora devi bere!

Al centro della tavola un pentolone. Una donna - Lella, come si presenterà da lì a poco - ci prepara i piatti.

Ragazzi ve piace l'amatriciana, sì??
Sì ma...
Ecco, allora magnate dai


E' tutto surreale. E' gente di provincia, è gente vera e viva, genuina, e noi siamo così ridicoli con i nostri imbarazzi e il nostro essere così inadeguati a tutto questo. Deve essere questo a risultarci strano, oppure il fatto che stanno per ucciderci, prendersi i nostri soldi e dare i nostri corpi in pasto ai maiali.

Da qualche parte lì vicino ci saranno sicuro, dei maiali.

Ahò ragazzi organizziamoci un attimo per domani!

Serena è la più giovane lì in mezzo, ma tiene testa a quella massa di ubriaconi. E' lei che comanda.

Allora, chi se lo prende Cico? Voi tre ragazzi come montate, all'inglese o all'americana?
Emm...ecco...forse è necessario un chiarimento...cioè, come ti avevo detto al telefono, il nostro livello è moooolto amatoriale...
Ma sapete sellare un cavallo, vero?
Ecco, appunto: no. Noi siamo andati ogni tanto ad un maneggio e abbiamo fatto delle passeggiate...siamo anche andati al trotto, o al galoppo, ma ti parlo di anni fa...come ti dicevo forse questa cosa della transumanza è un po' oltre...
Ma noooo! Ma non ti preoccupare! Allora signori, mi raccomando, quelli più esperti aiutano quelli meno esperti, questa è la regola numero uno!
(Ah francé, andiamocene, ma che siamo venuti a fare? Dai fai il serio...)
Ecco Serena, guarda non vogliamo essere un peso, davvero, domani torniamo tranquillamente a Roma, ci siamo fatti una gita fuori porta...
Ma che scherzi?! No no, restate con noi...dai, allora monta inglese o americana?
Ma che ne so?! Boh, forse inglese...ma il punto è...
Perfetto! Allora dai Chiara, segna, Pippo lo diamo a Emanuela, stai tranquilla è un boccalone, lo monta mi fija che c'ha sei anni...a Massimiliano gli diamo Birillo, è giovane ma buono, a Francesco America...
...cazzi tua....

...come scusi?
...no no, niente...
Ma smettila Bonaventura, non è vero! America è tranquillissima!
...sì sì, tranquilla, ma intanto stamattina...
Ma che c'entra...stamattina pioveva, un tempo da lupi...vabbè comunque Francesco si prende America, Cico lo diamo a zio Frank...

Serena continua ad elencare nomi di cavalli, fa tutto per conto suo.
Emanuela al mio fianco è cadaverica. Domani pioverà, pioverà per tutto il week-end, ci dicono. E di pioggia ne ha già fatta tanta anche oggi.
E' tutto molto più estremo di quanto avessimo immaginato.

Tu e le tue idee del cavolo, c'aveva ragione papà, questa non è un'idea, è una cazzata. 
Domani torniamo a Roma.

Quattro giorni a cavallo per spostare una mandria di cinquanta cavalli da Contigliano a Leonessa in compagnia di un gruppo di perfetti sconosciuti. Via il lusso e le comodità cittadine, mettiamoci alla prova. A pensarlo così non sembrava un'idea troppo malvagia. Ma lo scontro con la realtà è terribile. E' bastato entrare in quella casa per capirlo: non ce la possiamo fare.

Bene allora ragazzi tutto chiaro. Voi tre andate a dormire da Paolo e Lella, poi vi porteranno dove abbiamo lasciato i cavalli e da lì andremo a prendere la mandria. Forza ragazzi che domani si parte presto, tutti a letto.

Paolo è un omone grosso, avrà più di 60 anni. Sorride poco e parla meno. Ci squadra dalla testa ai piedi prima di dire "ok, andiamo", e farci strada fino al suo bed & breakfast. Lella, sua moglie, è più amichevole. Ci mostra la stanza, ci porta degli asciugamani, ci mostra i bagni.

Perfetto, grazie mille, buonanotte Lella.

Io, manu e massi ci guardiamo negli occhi.


Tanto domani torniamo a casa.