lunedì 18 giugno 2012

In effetti l'elenco non era finito, l'avevo detto.

Ce ne sarebbero tanti, di sogni piccoli e grandi, molti ancora da realizzare.

Uno era piuttosto piccolo, e semplice.




Guidare una moto d'acqua.


[Flashback - Fraenk appena 17enne, in vacanza da solo a Porto San Giorgio con la sua ragazza dell'epoca. Tre giorni meravigliosi, che te lo dico a fare, tra i più belli della sua vita. Mentre passeggiano sulla spiaggia, incappano in un gabbiotto che propone affitti di pedalò, canoe, moto d'acqua. Avere 16 anni, l'unico requisito richiesto. Fraenk e la sua ragazza si guardano, che facciamo, andiamo? No dai vabbè, facciamo un'altra volta.
Pochi anni dopo, con il decreto legislativo n.171 del 18/07/2005, diventa obbligatoria la patente nautica per guidare le moto d'acqua in Italia.
E Fraenk rosica.]

In turchia evidentemente la legge è diversa, o forse si fanno meno problemi chissà. Non hanno voluto nemmeno una carta d'identità, 70 lire turche per 10 minuti, puoi allontanarti quanto vuoi anzi devi allontanarti, non stare vicino alla riva, queste sono le chiavi, vai.

Aspetta, e se cado?  - dico con il mio inglese sbilenco, fatto di gesti, parole sbagliate, smorfie e suoni onomatopeici che il più delle volte fanno sorridere l'interlocutore, e più raramente gli fanno capire qualcosa -

No, non cadrai.

Ok, ma se cado?

Se cadi la moto si spegne e risali da dietro. Ma non cadrai. Ora premi il pulsante rosso.

Il motore si avvia. Dò un po' di gas.

E parto.


Ora, come sempre è difficile da descrivere, ma ci provo.

I primi minuti passano veloci, prendendo confidenza con le curve, imparando un po' a bilanciare il peso. E' un giocattolino, davvero.

Finalmente prendo coraggio e schiaccio la leva dell'acceleratore al massimo.
Adrenalina pura.
Nel nulla, il mare ovunque che balla sotto il rombo del motore, solo il mare, io e il mare, la velocità, il vento in faccia, mi metto in piedi ed inizio a gridare come un ossesso, c'è tanta di quella vita che vuole uscire e sembra che l'unico modo per farlo sia quello, schiacciando l'acceleratore, volando a pelo dell'acqua, lasciandosi andare e gridando fino a perdere la voce.

Ecco, io forse non so cosa sia la libertà, ma qualunque cosa sia non può che assomigliare a quella sensazione lì, così lontana dalla mia vita fatta di strade e semafori e traffico e compromessi e quieto vivere. Il vento in faccia a 60 km/h in un mare dove qualunque strada è possibile, qualunque traiettoria immaginabile. Un mare dove una curva un po' più stretta può farti cadere forse - ma no, non cadrai - e comunque solo per farti fermare un attimo e ripartire, senza più paura. Un mare dove l'inevitabile non esiste, perché non ci sono punti di riferimento, c'è solo un colore, lo stesso, ovunque, e ci sono le tue scelte a tracciare una strada, una scia bianca, non per seguire una rotta, ma per inventarla, finalmente.

Deve essere così, la vita, e la libertà.

Ebbene sì, sono tornato adolescente per un giorno, anzi per 10 minuti.
Lo diventerò ancora, lo diventerò ogni volta che avrò l'occasione di recuperare il tempo che ho perduto con troppi "facciamo un'altra volta".

Spero.

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