martedì 23 ottobre 2012

Un mare troppo piccolo e asciutto. Senza pesci.
Inizia tutto così.

Se fosse un libro, questo sarebbe indubbiamente il


Capitolo 1


Lui è un uomo, di 32 anni. E' seduto su una panchina e sta fissando due bambini che giocano davanti a sé. Ha l'aria di chi ha appena perso qualcosa: una donna, un lavoro, qualcosa. Quel che è peggio nel suo sguardo, è l'evidente cupa rassegnazione alla perdita, come un fatto ineluttabile, incontrastabile.
In quel morto pomeriggio di inizio aprile, un uomo seduto su una panchina sta pensando di uccidersi. Ancora peggio, sta pensando di non dover fare nemmeno la fatica di trovare una lama con cui tagliarsi le vene, o un sottoscala dove impiccarsi.
Stanno venendo a prenderlo. E poi sarà tutto finito.
Finalmente.
Si chiama Daniel, l'uomo sulla panchina, e dopo un mese in fuga tra scantinati e rifugi improvvisati negli angoli più nascosti della città, si è arreso. Non ce li ha quei soldi e non li troverà mai.
Venissero a prenderlo lì, alla luce del sole, davanti a tutti i passanti. Gli tolgano finalmente l'imbarazzo di quell'attesa grottesca e gli restituiscano il diritto di un sonno ristoratore, anche se eterno.

Uno dei bambini che stanno giocando si volta d'improvviso e lo fissa inquieto, come se udisse i suoi pensieri. Lo guarda così a lungo da indurlo a pensare: eccoli, finalmente mi hanno trovato. Eppure è evidente: la pistola che gli sta puntando contro è solo un giocattolo. Un colpo, due colpi. Bang bang. Ti uccido capo dei cattivi. Bang bang.

Mentre abbozza un sorriso, un solo proiettile lo trapassa di netto da un lato all'altro del cranio. E' sufficiente a farlo stramazzare in un lago di sangue, mentre una macchina si dilegua indisturbata ad una decina di metri da lui.
Non si è udito nessuno sparo, per questo passa del tempo prima che qualcuno capisca cosa sia accaduto. Esattamente 15 secondi.
Il tempo esatto impiegato da una ford nera per allontanarsi di tre isolati, girare a destra e perdersi chissà dove.
Il tempo esatto impiegato da un bambino per raggiungere sua madre, pallido e tremante, ed indicando verso una panchina, mormorare: mamma, ho ucciso quel signore.



E' una storia strana da raccontare, mentre fisso questo acquario vuoto, come un mare troppo piccolo e asciutto, con una pistola in mano.
Quell'uomo era solo uno degli ultimi pesci, piccolo e insignificante.



E quel bambino, ero io.

2 commenti:

  1. ma come ti chiamano, Quentin Tarantino?!? ahahah

    noto che il blogger più fico della Rete sta attraversando un periodo di grande ispirazione. Me ne compiaccio!!

    non ti facevo uno scrittore noir-Pulp, però sei stato abbastanza convincente, bravo. ci sono degli elementi di originalità che mi piacciono. per altre cose si nota un pò troppo l'influenza cinematografica (dai l'uomo che fissa l'acquario è un pò banale, in tutti i film del genere c'è un acquario e un uomo che si sofferma a guardalo, però il fatto che quell'uomo sia il bambino lo trovo geniale).

    voglio il 2° capitolo la prossima settimana sulla mia scrivania!

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  2. Beh dai è vero che è banale ma un acquario vuoto non si vede poi così spesso!

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